domenica 1 luglio 2012

Come eravamo - I servizi igienici

Come abbiamo detto nel post nel quale abbiamo parlato dell'acqua, fino al dopoguerra a Soldano nessuno aveva l'acqua corrente in casa e per approvvigionarsi di acqua bisognava recarsi alla fontana. Senza l'acqua non c'erano neanche i gabinetti come li conosciamo oggi e per fare i propri bisogni si usavano i pisciairöi (vasi da notte) e la bancheta (pitale cilindrico alto, che consente di sedersi comodamente, per lo più in terracotta, con uno o due manici ai lati).

Vasi da notte in lamiera smaltata e in ceramica

Questo naturalmente solo per chi rimaneva a casa, la notte o nei giorni di maltempo, cioè quando non si poteva andare in campagna, infatti la maggior parte delle persone passava buona parte della giornata a lavorare in campagna (in alcuni periodi e a seconda dei lavori da fare si fermavano in campagna anche più giorni o settimane) e lì non sussiteva certo il problema del gabinetto in quanto in campagna ogni posto andava bene per fare i propri bisogni e non era neanche necessario avere carta dal momento che c'erano le foglie (particolarmente gradite quelle di vite che sul lato inferiore hanno una morbida peluria).

In casa quindi si usava la bancheta che generalmente era alloggiata in un piccolo vano di circa un metro quadrato o poco più, ricavato sul terrazzo o in un sottoscala. Siccome non sempre la bancheta veniva vuotata nel barile subito dopo l'uso, ma talvolta si aspettava che raggiungesse un certo livello, per cercare di contenere le esalazioni, veniva coperta con un coperchio di legno.

Bancheta in terracotta smaltata

Per la notte invece si usava invece il pisciairö che si riponeva sotto il letto o nel comodino (anche dopo l'uso in quanto si vuotava solo al mattino), poi il contenuto sia della bancheta che del pisciairö veniva versato in un barile (a barì), della capacità di circa 33 litri.

Barile per il trasporto delle deiezioni (a barì da merda)

Quando il barile (a barì) era pieno veniva portato in campagna e si versava in una fossa, preparata in precedenza, vicino ad un albero di olivo, in modo da concimarlo. Poteva essere usato anche per l'orto in particolare per le piante di zucca, da qui la tipica frase che si diceva a chi aveva mangiato molto ti pöi andà a cagà au sücà (puoi andare a concimare le piante di zucca).
 Il barile (a barì) era anche l'oggetto di una filascocca che si cantava ai bambini piccoli, speciamente quando piangevano, e diceva:

Ciàgni è rì / pica a tèšta in ta barì / a barì a se déštàpa / tüta a mèrda a mègia ciasa
Piangi e ridi / batti la testa nel barile /  il barile si stappa / tutta a merda in mezzo alla piazza

A quei tempi le deiezioni, e non solo quella umane ma anche quelle degli animali (galline, conigli, capre, muli ecc.), erano considerate una risorsa e venivano usate per concimare i terreni in modo naturale, senza spreco di sostanza organica, né di acqua per liberarsene (oggi oltre alla risorsa organica sprechiamo dai 6 ai 12 litri di acqua potabile per mandarla via!), e non c'era neanche bisogno di costosi depuratori.

1 commento:

  1. Superba ricostruzione di aspetti storici di civiltà materiale! Giudizio che spero non sembri sminuito se aggiungo che, soprattutto con la filastrocca finale, mi é tornata in mente una storiella udita da adolescente, imperniata sul gioco di parole francesi di sindaco e Airole ...

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