lunedì 27 agosto 2012

Premiazione "Bellissimi versi 2012"

Domenica 12 agosto, nella piazzetta della frazione di Bellissimi di Dolcedo, si è svolta la premiazione del concorso di poesia in dialetto ligure. I poeti, provenienti da tutta la Liguria, e un consistente pubblico, hanno applaudito i componimenti che sono stati premiati dalla giuria.

1° classificato Roberto Rovelli con la poesia dal titolo Cercelu in dialetto della Mortola,
2° classificato Mauro Maccario con la poesia U cerciun in dialetto di Soldano,
3° classificato Marco Scullino  con la poesia Zogu au tempu in dialetto di Ventimiglia.

La giuria popolare riunitasi mercoledì 8 agosto ha assegnato il premio a Giorgio Pistone con la poesia A barchetta de rusca de pin in dialetto di Sanremo.
La giuria ha inoltre conferito un premio speciale a Livio Tamagno per I zoeghi d’in viègiu in dialetto Baiocco di Baiardo.
Durante il pomeriggio si sono ascoltati brani musicali in dialetto ligure, cantati da Franco Bessone che si accompagnava con la chitarra ed ha saputo così arricchire la manifestazione.
Il presidente della giuria, nonché segretario dell’Associazione Amici di Bellissimi, Natale Trincheri, soddisfatto della buona riuscita della manifestazione, ringrazia tutti coloro che si sono adoperati per la sua riuscita e tutti coloro che hanno partecipato: alcuni autori venivano da lontano e pur non essendo tra i vincitori hanno voluto manifestare con la loro presenza la gioia di condividere momenti così preziosi per la cultura e la vita sul territorio.

Nella foto Mauro Maccario, in arte Papillon, valente illusionista,
con Natale Trincheri e Franco Bessone.
U  CERCIUN
(dialetto di Soldano)

I ciù richi i andava in bricichéta
i autri i scurrava in cerciun cua manéta.
Cun in tocu de fì fèrru recegau cume ina furchéta
u cerciun u stava dritu: te paresciava de andà in bricichéta.

De voute ti gh’èiri in colu, de voute u te lasciava,
in sce scaie u ressautava e candu u s’imbandava
ti u pussavi e u sgrizurava.

Da fieu ti ghe gieugavi
in tu mègiu a strada, storta e driita,
a cheli tempi nu ti ghe pensavi
che l’èira cume u cerciun da vita.

Mauro Maccario

IL  CERCHIONE

I più ricchi andavano in bicicletta
gli altri rincorrevano un cerchione (sospingendolo) con la manéta.
Con uno spezzone di filo di ferro ripiegato a mo' di forca
il cerchione stava in piedi: ti sembrava di essere in bicicletta.

A volte gli eri addosso, a volte si allontanava,
sussultava sopra i sassi e quando sbandava
lo spingevi e strideva.

Da bambino ci giocavi
in mezzo alla strada, nelle curve e nei rettilinei,
a quei tempi non immaginavi
che quello era come la ruota della vita.


Note: U CERCIUN era un cerchione in ferro, di bicicletta, senza il mozzo, privo dei raggi, della camera d’aria e del copertone; se di piccole dimensioni era anche detto u cercèlu.
La manéta era il semplice dispositivo, realizzato con del robusto filo di ferro, a forma di U e dotato di un manico con cui si guidava il cerchione; il contatto tra i due metalli produceva un caratteristico stridio di cui ho ancora memoria uditiva.

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